Vuelta: il cerchio si stringe

Vuelta: il cerchio si stringe

In più, una frazione così impegnativa proposta all’indomani della prova a cronometro individuale di 32 Km, poteva assolutamente risultare fatale a qualcuno, o quanto meno far scaturire una sorta di resa dei conti.

Proprio per questo i big della classifica generale hanno dato l’impressione già nelle prime battute, di voler procedere attraverso atteggiamenti prudenti. Lasciando andar via una fuga zeppa di uomini importanti, ma che in questa Vuelta, per quanto concerne la classifica a tempi, non possono vantare più nessuna velleità. Uomini importanti, meritevoli tutti di una citazione: Vincenzo Nibali, Alexandre Geniez, Andrey Amador, Omar Fraile, Alessandro De Marchi, Dylan Teuns, Ilnur Zakarin, Lukas Pöstlberger, Thomas De Gendt, Amanuel Ghebreigzabhier, Stéphane Rossetto, Hector Saez, Simon Clarke, Michael Woods, Rafal Majka, David De La Cruz, Jonathan Castroviejo, Jai Hindley, Bauke Mollema, Cristian Rodríguez, e Jesus Herrada. Un plotone folto e variegato, in rappresentanza di quasi tutte le squadre, alla quale si sono poi aggiunti Franco Pellizotti, Valerio Conti, Jose Mendes, Merhawi Kudus e Pieter Serry.

Tutta una serie di condizioni ideali da far sperare agli attaccanti, il buon esito del tentativo. In particolare, occhi puntati su Vincenzo Nibali, apparso, almeno nelle intenzioni, in un crescendo di forma che potrebbe far ben sperare al cittì Davide Cassani, sia pure con un pur pacato ottimismo, nella marcia di avvicinamento al mondiale di Innsbruck. Sull’erta finale però, il nostro corridore più rappresentativo ha dovuto cedere al vincitore di giornata, il canadese Michael Woods, più di 100 secondi (1’48” per l’esattezza). Segno che la strada da percorrere per raggiungere una condizione accettabile, è ancora lunga per il fuoriclasse siciliano. Anche se, a compensazione, si deve altresì valutare che mancano sempre più di due settimane all’appuntamento iridato e i miglioramenti del diretto interessato sono apparsi in costante sviluppo positivo. Un’analisi del tutto opposta è invece quella che interessa l’altro campioncino isolano, Fabio Aru.

Atteso dall’inizio di stagione, ma apparso puntuale soprattutto nel fallire le aspettative. Non è un momento facile quello che sta vivendo il capitano del team UAE Emirates. Una condizione di forma apparsa sempre deficitaria, accompagnata da una serie d’incidenti e vicissitudine sempre negative, stanno minando il corridore di Villacidro; soprattutto da un punto di vista psicologico. Le imprecazioni post caduta, nel tratto in discesa che anticipava la salita finale, sono il chiaro segno del suo attuale, troppo fragile, limite di sopportazione. L’accanimento verbale e gli appellativi poco ortodossi trasmessi in diretta, con il quale Fabio Aru ha inteso rivolgersi al proprio strumento di lavoro, rappresentano la prova tangibile della necessità di un reset, che per il suo stesso interesse non è più assolutamente rimandabile. Confidare in una sua eventuale propedeutica partecipazione al mondiale il prossimo 30 settembre, in considerazione delle evidenti difficoltà del percorso, vorrebbe significare procedere con ulteriore accanimento in un contesto che merita invece riflessioni razionali, accompagnate dalla massima serenità.

Tutto questo perché, parafrasando lo scrittore Archibald Joseph Cronin, non è vero in questo caso che “e le stelle stanno a guardare”. Tornando alla mera cronaca infatti, i vari Valverde, Lopez, Yates, e compagnia cantante, se le stanno dando di santa ragione. Ognuno in base alle proprie attuali potenzialità, ma in questa ultima settimana è sembrata crescere la propensione all’agonismo. Pur limitandola sempre, all’ultima asperità di giornata. A Balcón de Bizkaia, Valverde si è ripreso nei confronti del leader Simon Yates, gli 8 secondi che gli aveva concesso nella crono. Guadagnando però, sotto il profilo psicologico, del fatto che staccare in salita il più diretto avversario tende sempre a far guadagnare, quanto a morale e motivazioni. Anche se, l’impressione che si ha, con il passare dei giorni, è che il rapporto emotività, generosità-raziocinio, abbinate alle tattiche di gara adottate dal corridore britannico, sono radicalmente opposte a quelle attuate dall’interessato al Giro d’Italia. Un atteggiamento spavaldo, grazie al quale ha potuto regalare grande spettacolo. Steccando però, dopo tanti giorni in maglia rosa, a livello piazzamento in classifica generale. Una lezione che in poco tempo Simon Yates sta rendendo assolutamente proficua.

Ricorrendo a un atteggiamento più accorto che gli fa evitare di spendere inutili energie che potranno servirgli più avanti. In questo caso, nelle difficili tappe che si svilupperanno intorno al Principato di Andorra, tra venerdì e sabato. Un testa a testa nel quale potrebbe inserirsi anche il sempre più sorprendente Enric Mas Nicolau, che sul traguardo di Balcón de Bizkaia ha preceduto Valverde, facendo registrare lo stesso tempo del murciano. Strada ancora più in salita invece, per Miguel Angel Lopez Moreno, Steven Kruijswijk e Nairo Quintana.

Con il trascorrere delle tappe il divario tra questi tre corridori da quelli che attualmente occupano i gradini del podio nella classifica generale, fa registrare una tendenza ad aumentare. Sia pure, la stessa classifica a tempi evidenzi un contesto ristretto (131 secondi) nei quali sono raccolte ad oggi le prime sei posizioni. Contesto esiguo quanto si vuole, ma considerati i distacchi impercettibili che si sono registrati fino ad ora, un po’ su tutti gli arrivi in salita, ecco che, almeno sotto il profilo delle sensazioni, tale divario potrebbe non essere poi, così contenuto.

Roberto Sardelli

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